Capiterà sempre, soprattutto se sei una persona che si appresta a rendere i Tarocchi un’attività importante della propria esistenza.
Inizi a fare un consulto, la domanda è chiara, la risposta è altrettanto chiara eppure c’è qualcosa che sfugge.
Ma non a te, al consultante.
Intendo che nonostante stia filando tutto liscio, la persona che è venuta a farsi leggere le carte sembra non capire ciò che tu spieghi con una semplicità incredibile.
E la condizione risulta essere così paradossale che quasi viene il dubbio che il consultante ti stia prendendo in giro.
Ma perché accade tutto questo? La risposta è molto semplice e si chiama: muro psicologico.
Questo significa che il consultante cerca in tutti i modi, a livello conscio ma soprattutto inconscio, di depistare la lettura perché capire la sua utilità significherebbe avviare un processo di coscienza doloroso.
Ricorda che tutti i cambiamenti che possiamo vivere e che ci mutano interiormente richiedono un certo grado di dolore e di paura.
Prima di farti una lista degli 11 muri psicologici che incontrerai, mi preme sottolineare quello più importante. Quando parlo di importanza intendo che è onnipresente e mi sto riferendo all’attribuzione della responsabilità agli altri senza mai chiamarci in causa.
La deresponsabilizzazione
Quando abbiamo dei problemi risulta più semplice incolpare i fattori esterni invece di capire qual è la nostra responsabilità al riguardo.
Tuttavia non esiste crescita interiore se non si accetta l’idea che ogni cosa che ci accade richiede una buona dose di accettazione e soprattutto autoanalisi, nel tentativo di capire come abbiamo partecipato alla creazione dell’evento.
Non esiste evento manifesto che non dipenda (anche) da te.
Basta guardarci intorno per capire che la stragrande maggioranza di noi concentra tutta l’attenzione sugli altri e proprio sugli altri attribuisce ogni tipo di colpa:
- “Loro sono la causa dei miei mali…!”
- “Se solo mi avesse aiutato a…”
- “Se la sfortuna non mi perseguitasse sempre, allora…”
Sono tutte affermazioni di una persona la cui vita gli sta scappando di mano e che ha deciso di mettersi, purtroppo, in un ruolo completamente passivo.
Ed è proprio questo il grande problema della deresponsabilizzazione: rimanere bloccati in retaggi emotivi e psicologici che non ci conducono altrove se non a ripetere sempre i medesimi cicli depotenzianti e avvilenti.
Quando leggi i Tarocchi a qualcuno noterai come questo ostacolo si paleserà in tutta la sua forza.
Il consultante è spesso restio alla fiducia, al rischio, alla sincerità, all’intimità, all’essere presente e ad abbandonare gli stati di blocco in cui si ritrova in modo quasi naturale.
L’essere umano tende a creare delle condizioni che gli permettono di rimanere nel suo nido, ma questo nido limita la sua crescita.
Quando si decide, invece, di uscire fuori dal piccolo Paradiso (che altro non è che una prigione), ecco che la crescita appare dietro l’angolo e si è pronti per iniziare un nuovo ciclo molto più potenziante.
Prenderti la responsabilità di quello che ti succede ti permette anche di farti carico dei tuoi pensieri, delle tue azioni e delle tue emozioni in modo cosciente.
Non è un processo banale. Significa lanciarsi in modo dinamico agendo sul mondo e non reagendo a stimoli esterni.
Una volta capito questo, ecco una lista degli 11 muri psicologici che incontrerai come lettore di Tarocchi.
Ovviamente ti dirò nel dettaglio come lavorarli per toglierli di mezzo.
#1. Ok, ci provo!
Durante uno dei miei seminari sui Tarocchi a Venezia ho chiesto ai partecipanti di provare a sollevare la penna che avevano davanti e con la quale stavano scrivendo i loro appunti.
Quello che è successo è che tutta la sala ha preso la penna in mano e l’ha alzata.
A quel punto ho detto che la mia richiesta non era quella di alzare la penna, ma di provare ad alzarla. E qui, in modo quasi spassoso, una platea di adulti ha iniziato a simulare l’alzata di una penna dal tavolo senza tuttavia riuscirci.
C’era chi deformava il proprio sguardo per simulare lo sforzo fisico, mentre qualcun altro produceva dei suoni come se stesse alzando molti kg.
Ora, quello che volevo produrre non era una simpatica scenetta di adulti che facevano cose strane, quanto far capire in modo pratico che il verbo “provare” non esiste in determinati ambiti.
Dopo un consulto di Tarocchi molto approfondito in cui, insieme al consultante, hai tracciato un percorso preciso da seguire, non esiste più la prova.
Il verbo “provare” è sinonimo di sforzo inutile perché inconsciamente il consultante non ha realmente espresso l’intenzione di muoversi in tal senso.
“Fare o non fare” diceva il Maestro Yoda “Non c’è provare”.
Parliamoci chiaramente, se un consulto è andato a segno e la presa di coscienza è stata importante, il consultante si deve mettere in moto immediatamente.
Quando senti dire le parole: “Perfetto, ho capito tutto e proverò a farlo!” stai sicuro che non succederà nulla.
Cerca di spostare il tutto su un piano più pratico. Pensa per esempio che la tua automobile abbia bisogno di una riparazione, e questo ti preoccupa perché il giorno dopo hai un appuntamento importante.
Così la porti dal meccanico spiegandogli la situazione e, soprattutto, l’urgenza di avere il veicolo per il giorno dopo.
Di tutto punto lui ti risponde con qualcosa che suona come: “Sì, ci proverò!”.
Come ti senti interiormente?
Andrai a letto tranquillo e convinto che la mattina dopo il meccanico ti chiami per ridarti le chiavi della tua automobile oppure il dubbio ti assalirà fino al giorno dopo?
Ecco, entra nell’ottica che finché il verbo “provare” conclude le tue letture di carte allora bisogna continuare a lavorare con il consultante.
La presa di coscienza è ancora lontana dal venire così come la sua intenzione di procedere lungo il proprio percorso di consapevolezza.
#2. Se solo…
Ad avere 1€ per ogni volta che ho sentito questa formula… oggi sarei un uomo estremamente ricco!
Capita sovente che ogni presa di coscienza dopo un consulto di Tarocchi venga accolta da un:
- “Se solo trovassi un lavoro in grado di darmi più soldi!”
- “Se solo trovassi una persona che mi ami per quello che sono!”.
Ora, esiste un vizio di forma particolarmente importante dietro questo muro psicologico ed è la totale mancanza di gestione della tua vita.
D’altronde se per raggiungere un determinato scopo devi necessariamente fare leva su qualcosa o qualcuno, significa che la tua essenza è infelice, insicura e piccola.
Ecco, in questo momento le condizioni e le variabili sono più importanti dell’obiettivo stesso e nell’attesa che qualcosa di esterno si verifichi, in noi si consolida l’idea che non saremo mai in grado di raggiungere i nostri obiettivi.
Queste fantomatiche condizioni (se solo avessi, se solo facessi, se solo potessi…) sono dei modi di mascherare un grande processo di deresponsabilizzazione.
Ecco perché non appena senti utilizzare questa formula devi cercare di chiarire con il consultante cosa gli impedisce di farsi carico da subito del problema o di creare l’esperienza che sta cercando.
#3. L’ho proprio dimenticato!
Questa formula viene utilizzata da chi usufruisce di più consulti con il suo tarologo di fiducia.
Per capire quello che sto dicendo è opportuno fare un passo indietro e ridefinire il concetto di consulto.
In molti credono che consultare il Tarocco sia un atto fine a se stesso, qualcosa che fai una sola volta.
Tuttavia, i più bravi lettori di carte ti potranno confermare che è sempre meglio inserirsi in un processo di consulti, soprattutto se il lavoro con te deve essere più approfondito e non riguarda una decisione o una scelta.
Ora, quando si cominciano a fare più consulti ad una persona è possibile che questa torni da te e, nel momento in cui ti deve aggiornare sulle novità, ti confida di essersi dimenticata di lavorare su un determinato aspetto concordato nella seduta precedente.
Magari eravate rimasti d’accordo sul fatto di approfondire le energie nel suo centro emotivo e, di tutto punto, il consultante ti dice che ha passato una settimana impegnativa al lavoro che non gli ha permesso di dedicarsi a quanto concordato.
Tuttavia esiste un abisso tra il dimenticare qualcosa e lo scegliere di non ricordare qualcosa.
Con un pizzico di autorità ti dico che al 98% i consultanti scelgono deliberatamente di non ricordarsi qualcosa.
Sappi che la capacità mnemonica si struttura in modo tale da permetterci di ricordare tutto ciò che è legato alle emozioni. Se non esiste questo ancoraggio con la parte emotiva, l’essere umano non è in grado di ricordare nulla.
Automaticamente, quando il consultante sostiene di “non essersi ricordato” di dover fare quel tipo di lavoro, sta anche dicendo che tutto il precedente consulto non ha avuto alcun tipo di impatto emotivo su di lui.
Questo è impossibile altrimenti non sarebbe tornato per proseguire il lavoro, non credi?
Ecco perché davanti a questo muro psicologico posso reagire in due modi diversi:
- sospendo il consulto ed il mio percorso con il consultante;
- chiarisco subito che sta scegliendo di non ricordare quella cosa e così i miei consulti futuri mirano a capire il motivo di questa sua scelta.
#4. Ma non è colpa mia!
Ecco un’altra formula magica che rappresenta un muro psicologico importante.
Ora, devo anche ammettere che esistono delle situazioni in cui effettivamente non è colpa del consultante.
Nel caso in cui il consultante non ha colpa per un problema o per una situazione, è opportuno lavorare con i Tarocchi cercando di capire cosa può fare per risolvere quella situazione, anche se non l’ha creata lui.
D’altronde, se una situazione che non hai creato tu ti reca danno, sconforto o preoccupazione, devi risolverla in qualche modo.
Ecco perché è importante partire da ciò che il consultante ha a disposizione per mandare avanti la situazione.
Capita anche la situazione in cui il consultante ha una buona dose di colpa che decide di non vedere.
Questo è sinonimo di immaturità e poca attenzione alla propria vita.
In tutto questo sto trascurando il fatto che sei tu a creare la tua realtà per mezzo dei tuoi pensieri e delle tue azioni.
Automaticamente sarai sempre inserito in un processo di corresponsabilità per qualsiasi cosa possa avvenire nel tuo mondo.
Pertanto, invece di pensare alle mancanze altrui, dirigi lo sguardo su quanto puoi imparare dai segnali di pericolo e dalle situazioni stagnanti.
Non appena senti “Ma non è colpa mia!” puoi fare dei consulti in cui chiedere ai Tarocchi: “Cosa posso cambiare per migliorare questa situazione?”.
#5. Non ho scelta
Questa formula la puoi declinare in moltissimi modi.
Fatto sta che la sostanza rimarrà sempre la medesima: la persona non ha la giusta lucidità per valutare la questione.
Proprio così, quando pensi di non avere scelta, la scelta non c’entra niente.
È la lucidità che manca. Il tuo istinto sta prendendo il sopravvento sul piano razionale che dovrebbe invece caratterizzare ogni tuo percorso.
Automaticamente, non vedi la scelta.
In tutto questo sto trascurando il fatto che l’essere umano ha sempre una scelta e quando sostiene di non averla… sta scegliendo di non scegliere!
Ecco perché quando senti dire al consultante che non ha scelta, ti conviene lavorare molto sul processo decisionale e palesare in modo veloce ed oggettivo quali sono le opzioni disponibili.
Se invece noti questa chiusura mentale prima ancora del consulto, allora è opportuno lavorare con il consultante per mezzo di un dialogo preliminare che precede l’estrazione dei Tarocchi.
Devi capire se realmente vuole perseguire un percorso o se ha solo voglia di lamentarsi.
#6. Non ce la faccio
La cosa davvero simpatica di chi dice di non farcela è che… ha ragione.
Insomma, se sei tu a creare la tua realtà, quando pensi di potercela fare oppure di non potercela fare, avrai perfettamente ragione… in entrambi i casi!
A volte stabiliamo in anticipo se ce la possiamo fare o meno e poi mettiamo in atto dei comportamenti inconsci che ci permettono di confermare ciò che abbiamo predeterminato.
Fondamentalmente esistono due motivi per cui pensi di non potercela fare.
Il primo motivo è perché ti senti privo dell’autorità necessaria. Questo è completamente sbagliato e rappresenta solo un riflesso della tua mancanza di coraggio nei confronti della cosa che devi affrontare.
Il secondo motivo è la mancanza di voglia. Automaticamente il “non ce la faccio” diviene sinonimo che non si ha alcun desiderio di fare quello che sarebbe necessario fare.
È opportuno valutare se di fronte alla consapevolezza di non riuscire a portare a termine un compito si nasconda una sfiducia completa o una mancanza di voglia.
#7. Non posso proprio farci nulla!
Dopo tanti anni di lettura Tarocchi ho sentito qualsiasi tipo di scusa possibile quando la frase inizia con: “Non posso farci nulla!”.
È stata colpa dell’amico, dell’amico di un amico, del Diavolo, della sfortuna, degli ormoni, del Karma o di una marea di fenomeni esterni alla persona.
In particolare ricordo un consulto fatto con marito e moglie. Stranamente presenti entrambi.
Durante il dialogo preliminare i due hanno cominciato a urlarsi contro ed insultarsi pesantemente. Non avevamo nemmeno iniziato a mischiare i Tarocchi che l’aria si era scaldata in modo incredibile.
La situazione era sfuggita da ogni tipo di controllo e ogni volta che ricordavo alla coppia che non era realmente necessario abbandonarsi a tutta quella veemenza, mi rispondevano che non potevano farci nulla.
Ad un certo punto lo smartphone di lei squillò e rispose con la voce più dolce del mondo. Dopo un paio di minuti di conversazione attacca, si girò verso il marito e… iniziò nuovamente ad urlare a squarciagola!
Ora, la domanda è: davvero non potevano farci niente? Davvero la situazione era così fuori controllo?
A giudicare da come la donna si era comportata al telefono, la risposta non poteva che essere negativa.
Ogni tipo di situazione nella vita richiede una buona dose di controllo e qualche volta tendiamo ad usare delle parole forti come fossero strumenti di potere.
Quando senti qualcuno dire di non poterci fare nulla devi pensare che in realtà non vuole immischiarsi in nessuna faccenda che richieda un cambio di prospettiva, il suo intervento diretto oppure il rimettere in discussione idee sedimentate nel tempo.
Ti consiglio così di capire cosa provoca al consultante questa apatia latente.
#8. Staremo a vedere…
Forse questo è uno degli atteggiamenti più odiosi che incontro nelle persone che lo utilizzano.
Si tratta di trovarci di fronte a consultanti che, indipendentemente dal settore della vita che stanno affrontando, approcciano con una mentalità del tipo: “Ho capito quello che mi stai dicendo, vedrò adesso cosa capita!”.
Questo va contro la logica di creazione della realtà perché, alzando questo tipo di muro, le persone diventano dei semplici osservatori.
Sfuggono a qualsiasi impegno e a qualsiasi responsabilità. Quando poi le cose iniziano a girare male, queste persone si limitano a constatare con malcelata soddisfazione: “Lo vedi che è come dico io? Per fortuna che non ho fatto questa cosa!”.
Ma non si rendono conto di aver snaturato la loro essenza di esseri umani e di essersi trasformati in una sorta di gufetti. Non si mettono realmente in gioco e vanno insistentemente a caccia di difetti e pecche.
E se ho capito qualcosa di questo mondo è che chi cerca le pecche non potrà che trovarle.
Così, quando dinanzi abbiamo consultanti che alzano questo tipo di muro psicologico, dobbiamo insistere sulle azioni che devono fare o le relazioni da coltivare in una data situazione.
È importante detronizzarli fin da subito dal loro strano ruolo di osservatori.
#9. Non saprei!
Durante una lettura di Tarocchi, ogni volta che senti recitare questa formula, devi fermarti un attimo e chiederti chi hai davanti.
Esistono dei consultanti che, indipendentemente dal discorso che si sta facendo, hanno sempre queste parole in bocca: “Non saprei!” oppure in una variante più decisa “Non lo so!”.
È ovvio che determinate cose non si possano realmente sapere, d’altronde questo motiva anche il consulto di Tarocchi che si sta facendo.
Tuttavia, e questa è la stragrande maggioranza dei casi, il “non lo so” coincide con un “non mi voglio sbilanciare” oppure “non voglio farmi coinvolgere”.
Ciò che intendo è che le persone aspettano che sia il tarologo ad oggettivare una risposta valida e – dal canto loro – non hanno maturato alcuna idea, pure se precaria o sbagliata, riguardo la situazione.
Questo denota un atteggiamento superficiale su ciò che si sta meditando insieme, oltre a rendere manifesto il fatto che il consultante non ha voglia di lavorare individualmente sul problema.
Ecco perché mandare avanti un consulto con persone che dicono spesso “Non lo so!” trasforma un momento sacro in un’esperienza frustrante.
Come disarmare questo tipo di consultanti? Personalmente applico una tecnica semplicissima di PNL. Gli domando: “E se lo sapessi, quale sarebbe la risposta?”.
Qui viene il bello perché il 90% delle volte, i consultanti che avevano risposto “Non lo so!”, cominciano a darmi molte opzioni, variabili ed informazioni che solo pochi istanti prima non mi sapevano indicare.
Ecco perché scegliere di non sapere significa dimostrarsi irresponsabili verso il proprio problema e delegare al tarologo tutta la fatica ed il lavoro che invece dovrebbe essere condiviso.
#10. Nessuno mi dice mai niente
Questo muro psicologico si affianca ad una forma di vittimismo che andrebbe corretta nel giro di poco tempo.
Ho sentito tantissimi consultanti lamentarsi dei propri partner o delle proprie partner, di un socio in affari o di un amico affermando che l’altra persona non gli dice mai niente.
Tuttavia, se approfondissimo con il consultante il discorso, scopriremo che questo si è limitato a lamentarsi per la mancanza di riscontri senza essere realmente andato a fondo alla questione.
Ecco perché, se stai leggendo i Tarocchi a qualcuno che si lamenta del fatto di essere perennemente lasciato fuori da un gruppo o da una catena di informazioni, devi valutare quanto il suo atteggiamento lo porti ad approfondire la sua conoscenza.
D’altronde se qualcuno non ti dice qualcosa è opportuno andarla a scoprire tu stesso.
Esiste anche una fetta di consultanti che vengono messi al corrente di ciò che accade nelle loro vite, tuttavia sono loro a decidere in modo più o meno inconscio di rimanere sordi a queste informazioni in entrata.
Ecco perché consiglio di lavorare su questo muro psicologico andando a caccia di risposte, specialmente nella nostra sfera intima.
Bisogna sollecitare il consultante di turno ad affrontare periodicamente la persona o il gruppo di persone dalle quali si sente escluso.
Chi usa questa formula è anche vittima di mancanza di amor proprio e autostima.
#11. Io sono fatto così!
E come poteva mancare la formula: “Io sono fatto così!”.
Questa è realmente una scusa che nasconde tante debolezze, mancanze, ipocrisia e apatia.
Ogni volta che ho sentito recitare questa frase ho anche notato che questo muro psicologico legittima qualsiasi riluttanza ad uscire fuori dalle situazioni di blocco e delega agli altri la responsabilità di fare la differenza, invece di essere noi a cambiare le cose in prima persona.
Chi dice “Io sono fatto così!” è vittima del suo ego.
Nonostante un consulto di Tarocchi miri a fornire soluzioni utili in base al livello di coscienza e conoscenza di ognuno di noi, quando questa formula è incancrenita nell’inconscio della persona, evito addirittura di fare un il consulto.
Bisogna avere una buona dose di plasmabilità e di voglia di mettersi in gioco per capire appieno la potenza di una meditazione sul simbolo.
Il Tuo Muro Psicologico
La cosa di cui non ho parlato all’interno di questo articolo è che queste formule vengono messe in atto da tutti. Anche da te.
Conoscerle significa darti l’opportunità di migliorare i consulti per te stesso perché riuscirai a capire quando ti stai auto sabotando.
Così, se da un lato riuscirai a disinnescare l’ordigno esplosivo nell’inconscio del consultante, dall’altro ti invito a riflettere su quante volte ti nascondi dietro questi muri.
Spero di averti fornito delle informazioni pratiche per progredire sul tuo percorso personale. Se hai bisogno di un consulto professionale ti invito a fissare un appuntamento direttamente con me.
Ricorda che, indipendentemente dal muro psicologico, leggere i Tarocchi per se stessi è una delle pratiche più complesse di tutto il magistero tarologico.